venerdì 8 luglio 2016

La logica dei Selfie


Le parole sono importanti, perché danno valore alle cose. Spesso e volentieri le parole danno un valore anche maggiore di quanto quelle cose dovrebbero meritare.
Ed ecco che il semplice "autoscatto", pratica diffusa sin da quando sono in commercio le macchine fotografiche di piccola dimensione, una pratica che nessuno ha mai idolatrato o di cui si è mai vantato (perchè poi avrebbero dovuto?) con la diffusione degli smartphone cambia il suo nome, e diventa "selfie".
Da "autoscatto", che lo si può anche interpretare come lo sfigato che si fa la foto da solo perché è uno sfigato, si arriva al "selfie", a cui sono state dedicate addirittura riviste, per cui la gente addirittura ci è morta, volendosi fare un selfie in cima ad un burrone.
Adesso chi si fa i selfie pare sia un figo, "guarda che selfie mi sono fatto", gente che va in un posto solo per farsi dei selfie, che, almeno concettualmente, è molto simile a farsi una sega fantasticando sul proprio ego da dover necessariamente sputtanare poi su Facebook.
Non si va più nei bei posti per godere del panorama o delle sensazioni, si va nei bei posti per farsi un selfie e testimoniare ad altri sfigati che siamo stati in quei posti, per poi andarsene da lì senza troppi rimpianti.
Da qualche parte avevo letto che la memoria visiva dell'essere umano, da quando è iniziata l'era degli smartphone, stia sensibilmente calando: la possibilità di poter fotografare tutto ed in ogni momento, ha innescato nel cervello un meccanismo preciso, quello di non prestare molta attenzione a quello che si vede in quanto lo si ha già fotografato, e ne si può godere in un secondo momento, seduti comodamente a casa propria.
Questo è solo un aspetto, e neanche tanto importante, della deriva egocentrica che l'umanità sta vivendo grazie ai social, la più tremenda evoluzione dei "15 minuti di celebrità" teorizzata da Andy Warhol.
Il concetto è semplice: fateve 'na vita. Perché a nessuno frega niente della vostra vita reale, figurarsi della vostra vita immaginaria, che vi state costruendo, selfie dopo selfie.
PS: in foto, un coglione qualsiasi che si fa un selfie dopo un disastro aereo.

sabato 8 dicembre 2012

Chords




"Quando suono, o compongo, non lo faccio per comunicare qualcosa.
Non so se ho, od ho mai avuto la necessità di "comunicare" me stesso, non credo di poter dire qualcosa di interessante, non credo di voler comunicare.
Quando suono roba mia (ma anche quando scrivo) è uno sfogo diretto a me stesso, comunico con me stesso, non so cosa mi dico, ma sto bene.
Quella velata nostalgia, in alcuni casi rabbia, in altri disperazione, anche felicità, sono tutte sensazioni che non riesco ad applicare nella vita reale, di tutti i giorni.
Sono sempre stato una persona emotiva, e questa cosa ha sempre cozzato in maniera devastante con la mia riservatezza: non trovo il modo di esprimere la mia emotività perché fondamentalmente non voglio che si sappia, non voglio che gli altri si accorgano che esista. E' roba mia.
Non è un sentimento di vergogna o altro, la reputo una cosa mia, non voglio che le persone sappiano cosa ho dentro, punto.
Uso la musica per dar sfogo la mia emotività, non per comunicare, almeno credo.

Mi castro continuamente, ho una paura fottuta del giudizio degli altri.
Gli "altri" sono sempre controllati, sempre perfetti, dentro e fuori, macchine che camminano, e non si rendono conto che la gente vive intorno a loro, soffre intorno a loro, produce anche indifferenza intorno a loro. Cercano di apparire perfetti, magari dentro sanguinano, ma fuori sono lindi e puliti. Ad ogni costo.
Ho sempre combattuto per esser così, ma non l'ho mai desiderato veramente.
La musica mi da questo: una occasione, una sola, per esser completamente me stesso, senza remore, senza autocontrollo.
In definitiva mi da l'opportunità di esser completamente libero."

(Anonimo)

domenica 13 maggio 2012

...



E lunghe ore a ingannarci così
a dire lui e lei, sempre gli altri
e i palliativi sono sempre tanti
per non ammettere che siamo qui.

E Charlie Brown e Mafalda e la scuola
storie un po' vere, a volte inventate
nei pomeriggi d'inverno e d'estate
di strani voli su di una parola.

Quando cantavo "Plaisir D'amour"
tu mi guardavi e ridevi più forte
non lo capivi che ti facevo la corte
o forse capivi e la furba eri tu.

E mi hai sospeso su un filo di lana
e mi ci terrai ancora per molto
giovane amore, fiore non colto
o forse sì, ma da un'altra mano.

E chi lo sa se anche tu mi vuoi bene
a volte credo di esserne certo
a volte invece sembra tutto uno scherzo
fuggono gli occhi come falene.

Amica mia, sorella speranza
quello che vuoi io non ti dirò
quelle voglio io non sentirò
quello che c'è dietro l'indifferenza.

E tutto è morto e tutto è ancor vivo
e solamente tutto è cambiato
quello che provo l'ho sempre provato
e credo ancora in ciò in cui credevo

E il fiocco nero è l'unica cosa
che mi è rimasta con la malinconia
ma insieme a questa stanca anarchia
vorrei anche te, amica mia.

Ma dimmi tu non è meglio così?
immaginare ed illudersi sempre
qui ad aspettare qualcosa o niente
qui ad aspettare un no o un si

Che in ogni caso sarebbero fine
di tutto questo che almeno è un ricordo
così studiato giorno per giorno
fatto di tanti cristalli di brina...

domenica 20 novembre 2011

Stato Selvaggio Pt. III



Dei Wild Stage nei parlai QUI la prima volta, un gruppo di amici che suonano del rock cazzutissimo.
Adesso questo gruppetto di amici, dopo aver inciso il primo singolo, si è messo in testa di realizzare anche un video. Ed è un bel video, per giove!
E' scritto, diretto e realizzato interamente da Alessandro Russo, batterista del gruppo, che oltre alla passione per la musica, ha anche quella di realizzare filmati che oscillano fra il demenziale, l'ironico, e il metaforico (andate anche QUI se siete proprio dei delfini curiosi).

Il video dei Wild Stage è tutto qui sotto, gente, cliccate "play" e guardatelo.
Non gli vorrete negare una visione?



sabato 12 novembre 2011

Almeno è un Inizio...




Benchè le dimissioni di Silviuzzo non costituiscano altro che un buon inizio verso un percorso difficilissimo e che ha grandi probabilità di portare al fallimento...
Benchè oggi non da le dimissioni il male incarnato, ma solo la sua manifestazione più evidente di un male che gli italiani si portano dietro dalla Seconda Guerra Mondiale....
Benchè non capisca i "poporopopò" e i "peperepepè" sotto il quirinale, e neanche i "Silvio devi morire", ma ben capisco gli immancabili "Bella ciao"....
Benchè da un governo di un plutocrate si passi a un governo di un tecnocrate (in cui, ancora una volta Giuliano Amato dice "Presente!")....

Devo dire che sono rimasto abbastanza contagiato dall'entusiasmo che si percepisce nei video in diretta dal quirinale.
Vedo tutti ragazzi come me.
Spero siano loro la Terza Repubblica.
Spero saremo noi gli artefici del nostro destino.

Quasi sicuramente non sarà così, ma oggi, anche se per poche ore, forse possiamo crederci.

venerdì 14 ottobre 2011

Miti involontari



A me il fanatismo fa incazzare. I fanatici sono gente che non è disposta a discutere, gente per la maggior parte ignorante, o che si fa una cultura seguendo un'unica strada, la sua.
Ci sono i fanatici musicali, fan di questo o quel gruppo (Pink Floyd e Beatles penso siano in testa a questa speciale classifica), ci sono i fanatici di cinema (Tarantino uber alles) e così via.

Recentemente è morto Steve Jobs. E ne hanno dette su di lui di cotte e di crude, che se Jobs fosse ancora vivo non ci crederebbe neanche lui: ha cambiato il mondo, ha rivoluzionato la vita di tutti noi, è stato un genio, ha creato dei prodigi, e cose simili.
Il Mac, l'iPad, l'iPod hanno rivoluzionato il mondo? Ammazza come sta messo male il mondo, allora.
Jobs è stato semplicemente un uomo-marketing come non ce ne sono mai stati in giro, un uomo che è stato il più abile creatore di un brand, quello della mela morsicata. Se Jobs ha rivoluzionato qualcosa, è stata la dinamica del mercato, non il mondo.

L'8 Ottobre è scomparso Dennis Ritchie, il papà di Unix e C (leggete QUA)
Il 27 settembre è scomparso Wilson Greatbatch, ovvero l'uomo che ha inventato il peace-maker.

Ma non mi risulta che ci siano state copertine di importanti giornali dedicate a questi due personaggi che magari non hanno cambiato il mondo (ma nessuno realmente l'ha mai fatto), ma uno ha inventato la tecnologia (assieme ad altri) che ha permesso a persone come Jobs di fare quello che hanno fatto, un altro ha salvato un numero inimmaginabile di persone.
E non ho visto internauti che nell'avatar avevano una foto di Ritchie, nè tantomeno un pacemaker in bianco e nero.

Involontariamente, Steve Jobs ha saputo creare un brand anche con la sua morte. E non penso che nella tomba se la passi tanto bene.

Concludo con una frase letta su un fumetto di Michele Medda, che pressapoco faceva così: "Siamo stati capaci di arrivare sulla luna, ma sul mondo c'è ancora gente che muore di sete e di fame"