domenica 20 novembre 2011

Stato Selvaggio Pt. III



Dei Wild Stage nei parlai QUI la prima volta, un gruppo di amici che suonano del rock cazzutissimo.
Adesso questo gruppetto di amici, dopo aver inciso il primo singolo, si è messo in testa di realizzare anche un video. Ed è un bel video, per giove!
E' scritto, diretto e realizzato interamente da Alessandro Russo, batterista del gruppo, che oltre alla passione per la musica, ha anche quella di realizzare filmati che oscillano fra il demenziale, l'ironico, e il metaforico (andate anche QUI se siete proprio dei delfini curiosi).

Il video dei Wild Stage è tutto qui sotto, gente, cliccate "play" e guardatelo.
Non gli vorrete negare una visione?



sabato 12 novembre 2011

Almeno è un Inizio...




Benchè le dimissioni di Silviuzzo non costituiscano altro che un buon inizio verso un percorso difficilissimo e che ha grandi probabilità di portare al fallimento...
Benchè oggi non da le dimissioni il male incarnato, ma solo la sua manifestazione più evidente di un male che gli italiani si portano dietro dalla Seconda Guerra Mondiale....
Benchè non capisca i "poporopopò" e i "peperepepè" sotto il quirinale, e neanche i "Silvio devi morire", ma ben capisco gli immancabili "Bella ciao"....
Benchè da un governo di un plutocrate si passi a un governo di un tecnocrate (in cui, ancora una volta Giuliano Amato dice "Presente!")....

Devo dire che sono rimasto abbastanza contagiato dall'entusiasmo che si percepisce nei video in diretta dal quirinale.
Vedo tutti ragazzi come me.
Spero siano loro la Terza Repubblica.
Spero saremo noi gli artefici del nostro destino.

Quasi sicuramente non sarà così, ma oggi, anche se per poche ore, forse possiamo crederci.

venerdì 14 ottobre 2011

Miti involontari



A me il fanatismo fa incazzare. I fanatici sono gente che non è disposta a discutere, gente per la maggior parte ignorante, o che si fa una cultura seguendo un'unica strada, la sua.
Ci sono i fanatici musicali, fan di questo o quel gruppo (Pink Floyd e Beatles penso siano in testa a questa speciale classifica), ci sono i fanatici di cinema (Tarantino uber alles) e così via.

Recentemente è morto Steve Jobs. E ne hanno dette su di lui di cotte e di crude, che se Jobs fosse ancora vivo non ci crederebbe neanche lui: ha cambiato il mondo, ha rivoluzionato la vita di tutti noi, è stato un genio, ha creato dei prodigi, e cose simili.
Il Mac, l'iPad, l'iPod hanno rivoluzionato il mondo? Ammazza come sta messo male il mondo, allora.
Jobs è stato semplicemente un uomo-marketing come non ce ne sono mai stati in giro, un uomo che è stato il più abile creatore di un brand, quello della mela morsicata. Se Jobs ha rivoluzionato qualcosa, è stata la dinamica del mercato, non il mondo.

L'8 Ottobre è scomparso Dennis Ritchie, il papà di Unix e C (leggete QUA)
Il 27 settembre è scomparso Wilson Greatbatch, ovvero l'uomo che ha inventato il peace-maker.

Ma non mi risulta che ci siano state copertine di importanti giornali dedicate a questi due personaggi che magari non hanno cambiato il mondo (ma nessuno realmente l'ha mai fatto), ma uno ha inventato la tecnologia (assieme ad altri) che ha permesso a persone come Jobs di fare quello che hanno fatto, un altro ha salvato un numero inimmaginabile di persone.
E non ho visto internauti che nell'avatar avevano una foto di Ritchie, nè tantomeno un pacemaker in bianco e nero.

Involontariamente, Steve Jobs ha saputo creare un brand anche con la sua morte. E non penso che nella tomba se la passi tanto bene.

Concludo con una frase letta su un fumetto di Michele Medda, che pressapoco faceva così: "Siamo stati capaci di arrivare sulla luna, ma sul mondo c'è ancora gente che muore di sete e di fame"

martedì 11 ottobre 2011

Della Sergio Bonelli Editore e altre amenità



Leggo fumetti da quando ho imparato a leggere (anche se, a onor del vero, per tutta la mia adolescenza li ho abbandonati per poi riprenderli), amo in maniera viscerale questa arte, e spenderei vagonate di soldi (se li avessi) per qualsiasi fumetto che mi suscita anche il minimo interesse. Come lettore di fumetti ho ovviamente i miei gusti: sono cresciuto con i Bonelli, ed è l'unico genere? tipologia di fumetto? che seguo in maniera quasi maniacale, spendendo anche bei soldini. Eppure ne ho letti a iosa di non Bonelli: Preacher di Garth Ennis è forse il fumetto che ho amato di più. From Hell di Alan Moore cazzo! ho pianto quando l’ho finito (se non altro perché l'avevo pagato 35 euri), La Mia Vita Disegnata Male di Gipi: anche lì ho pianto alla fine (pure se l'avevo pagato meno). Una Ballata del Mare Salato di Hugo Pratt è bibbia tramutata a fumetto. Col Zanardi di Andrea Pazienza posso morire contento.
Ho letto questi come ne ho letti tanti altri. Questa pedante introduzione per dire che amo i fumetti, senza differenzazioni di sorta. No, perchè poi mi piglio del fanatico, e lì mi girano.

Adesso.

Sergio Bonelli purtroppo ci ha lasciati. La sua morte lascia un vuoto oggettivamente incolmabile nel mondo del fumetto mondiale, oltre che italiano. Dove lo trovi un editore che legge tutti, ma proprio tutti i fumetti che pubblica, pure quelli che non gli piacevano? Che approvava il progetto di nuove serie e miniserie anche perché, pur se non vendevano bene, almeno lui aveva qualcosa di nuovo da leggere la sera?
Dove lo trovi un editore che per decenni corteggia un mostro sacro come Moebius, pur ricevendone sempre e solo rifiuti? Che ha atteso pazientemente per otto lunghi anni che Magnus finisse il suo texone, pur di vederlo pubblicato probabilmente più per piacere personale che per ragioni di mercato?

Eppure.

Eppure l'uomo è creatura stupida e invidiosa. L'uomo deve cercare in ogni modo di togliere l'acqua ai mulini degli altri più che portarne al suo.

La politica editoriale di Sergio Bonelli non è mai stata vista da buon occhio dai lettori non tipicamente bonelliani (quello che non sanno che esistono altri fumetti al di fuori dei Bonelli, per intenderci). E' inutile dire che, come è normale e quasi sacrosanto, Sergione non aveva la verità in mano, dirigeva la sua azienda (che in mano a lui è diventata un colosso dell'editoria italiana) seguendo più il suo gusto e i suoi desideri invece che cercare di seguire sempre e solo le effimere regole del mercato.

Nell’ultimo decennio la SBE è abbastanza regredita, col senno di poi. Basti leggere un qualsiasi Dylan Dog di 15 anni fa, e un Dylan Dog attuale. Si noterà una differenza di contenuti, ma soprattutto di modi di interpretare (= revisionare) il fumetto quasi abissale.
Oppure guardate la famigerata griglia bonelliana su un qualsiasi albo di Nathan Never di 15 anni fa e la griglia su un numero recente.
Leggetevi un albo a cazzo di Storia del West o Ken Parker, e uno a cazzo del Tex odierno. Noterete delle differenze stilistiche sia grafiche che narrative evidenti (non parlo di contenuti, dato che le tre serie menzionate sono tre modi molto diversi di rileggere il genere western).

Per dirne qualcuna, anche stupida: nel n. 51 di Dylan Dog ci sono poliziotti che "invocano il nome di Cristo invano". Nel n. 83 di Dylan Dog il disegnatore affida a Umberto Bossi la parte di un cattivo. In Ken Parker si vedono indiani che lanciano neonati per il tiro a bersaglio. Nel n. 29 di Nathan Never c'è una destrutturazione della griglia bonelliana da parte di Stefano Casini a dir poco commovente. E fino a poco tempo fa Tex si fumava una bella sigaretta in copertina.
Cose che adesso possiamo solo sognare di vedere. Non tanto perché siano realmente utili alla riuscita del fumetto (a parte forse la griglia di Casini), ma perchè dimostrano come sui Bonelli sia “concesso” progressivamente sempre meno.

In quanto a proposte, l'ultima serie mensile ad libitum che la SBE ha mandato in edicola è stata Dampyr, creata da Mauro Boselli e Maurizio Colombo. La bellezza di undici anni fa.
Da quel dì solo miniserie, scadenti o meno, autoriali o meno. Se Gianfranco Manfredi col suo Volto Nascosto ha proposto la quint'essenza del fumetto popolare d'avventura, Michele Medda con il suo Caravan ha giocato in tutt'altro territorio, quello del fumetto d'autore, referenziale e autobiografico fino all'esagerazione. Eppure Manfredi ha fatto centro, Medda sembra aver fallito miseramente (stiamo ovviamente parlando di vendite, non di qualità dei prodotti).

La SBE ha poi mandato in edicola la collana dei Romanzi a Fumetti Bonelli, sdoganando finalmente la graphic novel (per me è fimmina) per il mercato bonelliano, offrendo al pubblico "popolare" un prodotto sì da edicola, ma curato sin nei minimi dettagli, con carta di qualità, apparati redazionali, storie autoconclusive di circa 300 pagine, nomi degli autori messi bene in evidenza in copertina. Qualche centimetro in più e una copertina cartonata, e questi Romanzi a Fumetti si venderebbero in libreria a non meno di 25 euri invece che 9.

E ancora.

Poco prima della sua morte, Sergio Bonelli aveva approvato una nuova collana, dal titolo Storie, un mensile da 132 pagine, sorta di figlia minore dei Romanzi a Fumetti: in ogni albo si sarebbero alternati autori e disegnatori che avrebbero raccontato una storia, slegata dal resto degli altri albi. Una collana contenitore, insomma (il primo numero dovrebbe essere realizzato da Roberto Recchioni e Andrea Accardi, acclamati autori, fra le altre cose, di John Doe).

Ma vogliamo parlare dei texoni degli ultimi anni? Sergione aveva da poco annunciato il texone di Enrique Breccia, figlio del grande Alberto, autore fra le altre cose dello stupendo Alvar Mayor con il compianto Carlos Trillo. E' riuscito a offrire al pubblico italiano volumi disegnati da nomi del calibro di Colin Wilson, Joe Kubert, il compianto Manfred Sommer, Oreste Suarez, Carlos Gomez. Su Dylan Dog ci ha permesso di leggere alcuni episodi disegnati dal maestro Domingo Mandrafina.

Tutto quanto ho elencato si racchiude in un arco di tempo che va dal 2000 ad oggi. Se mi metto a spulciare il passato della SBE non ne usciamo più. Cito solo tre nomi perchè voglio masturbarmi mentre li scrivo: Un Uomo un’Avventura, Storia del West e Ken Parker.
Negli anni 80 la SBE era attiva anche sul mercato delle riviste (basti pensare ad Orient Express e Pilot).

Ma come dicevo, l'uomo è creatura infingarda, come direbbe un nanetto di nostra conoscenza. E il lettore di fumetti non è esente da questa definizione.

Un recente articolo, pubblicato sul sito MangaForever, illustra bene questo concetto: un certo Sergio L. Duma, con dovizia di particolari e documentazione davvero encomiabile, ha scritto un cumulo di stronzate da guinness dei primati, sparando a zero su Bonelli, la casa editrice e pure i lettori , definiti da lui stesso "vecchi babbioni". E tutto questo a poche ore dalla morte di Sergio Bonelli.
Caso assai minore, anche Andrea G. Ciccarelli della SaldaPress ha cavalcato l’onda, pur se in maniera molto meno casinara e sicuramente più elegante del Duma. Con un semplice post dal titolo "Fu vera Gloria?", Ciccarelli ha messo in discussione l'operato di Sergio Bonelli nel mondo del fumetto. Una domanda forse legittima, ma farla a poche ore dalla morte risulta un tantino stonato e forse strumentale (e proprio in quella discussione il sottoscritto s'è beccato del fanatico, ma vabbè, son cose mie).

Con tutto quello che ho elencato qui sopra, vi pare oggettivamente possibile criticare Sergio Bonelli utilizzando determinati argomenti quali immobilità, poco coraggio, troppo tradizionale? Criticarlo come se lui e solo lui fosse stato l'artefice dei nostri futuri, come se fosse stato l'unico editore presente sulla faccia del pianeta?
Il bello è che con la scusa del confronto, con la scusa di parlare del miglioramento della Bonelli, si passa inevitabilmente a parlare di cosa ha sbagliato, di quanto è stato fascistoide nel rapporto con i suoi dipendenti e baggianate simili. Da un discorso potenzialmente costruttivo si passa nel 99% dei casi ad un discorso esclusivamente distruttivo.
Poi si finisce a Hitler e al nazismo, e tanti ringraziamenti alla teoria di Godwin.

Quel che avverto nel triste “fumettomondo” è una sorta di infantilità consapevole da parte di lettori e fantomatici addetti ai lavori. Come dire che Hulk è più forte di Superman, e litigare su questo fino a darsele. Ci sono lettori di comics che reputano i Bonelli delle cacatine. Stessa cosa avviene a parti invertite. Per i mangofili la situazione non è certamente diversa.
E quindi tutti giù a sparare stronzate, il lettore di comics, di manga e di bonelli. Poi arriva il bande dessinées di turno e li guarda azzuffarsi compiaciuto, dall’alto della sua cultura, intelligenza e acume.
Tutti giù ad accusarsi reciprocamente, a dire che la mia merda profuma più della tua.

A guardarli dall'esterno, sembrano ultras che si scannano sulla forza delle loro squadre di calcio. Come se si dovesse competere, come se si dovesse dimostrare la propria figaggine nel leggere Tiziano Sclavi piuttosto che Garth Ennis, Jean Giraud piuttosto che Masamune Shirow. Da quando c’è la rete questa infantilità ha preso piede in maniera spaventosa, tutti si sentono in diritto di dire la loro, tutti si sentono in diritto di non documentarsi, di elevare il loro modo di pensiero a verità inconfutabile. Sergio L. Duma è in fin dei conti l’emblema di questa situazione, la mascotte di una ignoranza presuntuosa che sembra non conoscere ostacoli. Come se il mondo del fumetto, un mondo sempre più di nicchia, si possa permettere certi “lussi” da stadio.

Ma mica solo i lettori, eh, perché anche gli autori non sono poi così tanto distanti da questa visione. In genere lo stipendiato bonelliano è persona che parla solo quando deve parlare, limitando al massimo la possibilità di dire fesserie. Un’eccezione a questo mandato è il già citato Roberto Recchioni. Nel senso che spesso e volentieri parla troppo.

A me Recchioni è simpatico, e alcune cose che ha scritte sono talmente caciarone e pacchiane che le ho trovate davvero belle e coinvolgenti (alcuni episodi di John Doe e la miniserie David Murphy 911). Recchioni è stato forse più furbo di altri, riuscendo a costruirsi un seguito di ammiratori non indifferente, fino ad arrivare a creare una sorta di culto della personalità (fumettistica). Il suo blog risulta uno dei più visitati in Italia, e parla di un po’ di tutto, dal fumetto alla critica sul web, dal cinema alla musica, dalla politica alla tecnologia, passando per il calcio e anche per il porno ogni tanto. E tutto sempre con la solita vena polemica che lo contraddistingue. Suo malgrado (ma non credo) è diventato l’emblema degli autori di fumetti sul web.

Del RRobe se ne dicono davvero tante in giro. Tanto sono affezionati e smielati i suoi fans fino a rasentare il ridicolo, tanto sono iracondi e perversi i suoi detrattori (fino a rasentare il ridicolo forse più dei suoi fans stessi).
Il problema di Recchioni alla fine è semplice. Di lui si parla molto in rete: ha litigato con qualche webzine (ormai storica la sua diatriba con Fumetto d’Autore), ha sputtanato qualche autore, ha litigato con qualche casa editrice, fa parte di un progetto in cui le cose sono andate male (vedi la recentissima querelle Coniglio Editore-Makkox o il più vecchio caso Cronache del Mondo Emerso), ha litigato con qualcuno sui benedetti forum, e cose così.

Ma col tempo qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi cosa ha scritto Recchioni, perché nel frattempo se l’è dimenticato. Qualcuno potrebbe chiedersi se Recchioni è ancora uno scrittore o, suo malgrado, un fenomeno da baraccone, invischiato in polemiche che forse hanno preso una direzione non prevista né voluta all’inizio.

Sono in definitiva comportamenti che reputo altamente dannosi al mondo del fumetto, un mondo troppo piccolo per potersi permettere queste divisioni interne così marcate. Sembra ormai che questo mondo sia animato più dagli scontri reciproci di autori e lettori che dalle proposte concrete, dalle letture, dalla passione. Il web ormai è diventato un ring troppo grande per non tentare sempre più persone di partecipare allo scontro, per raggiungere il loro agognato quarto d’ora di notorietà, dando forse ragione a chi dice che il fumetto è roba per bambini, visti i comportamenti di chi ne è appassionato.

Ora

Queste sono mie opinioni, derivate da anni ed anni di frequentazioni di forum, siti e blog assortiti. E mi sto rendendo conto benissimo che mettendo nero su bianco queste mie impressioni in un certo modo partecipo a quello stesso mondo che fin qui ho denigrato. La morte di Sergio Bonelli e la sua conseguente beatificazione, giustificata o meno, ha reso gli animi un po’ più esasperati (Sergio L. Duma e tutta la sfilza di autori che si sono impegnati nel rispondergli ne sono la testimonianza più lampante), ma credo che sia questo il momento giusto per cercare di individuare questi difetti, e cercare di fare tutti un passo indietro, di distendere gli animi, di cercare un po’ di rispetto reciproco, e soprattutto, di cercare di aumentare il distacco fra lettore e autore, di non svelare qualsiasi retroscena che si cela dietro alla mancata pubblicazione degli ultimi numeri di Canemucco, del ritardo di Kepher, degli ultimi numeri di Trigger o di che cazzo altro so io.
Perché sinceramente non serve a niente saperlo, perché è gossip puro e becero come quello di Novella 2000.

Se Sergio Bonelli ha insegnato qualcosa è stato proprio questo: l’amicizia, la passione e perchè no?, anche l'ingenuità che deve accomunare chi con i fumetti ci sogna e chi con i fumetti ci campa, perché in fondo siam tutti sulla stessa barca, editori, autori e lettori. Abbiamo tutti uno stesso credo.

Almeno questo, al Sergione nazionale, glielo dobbiamo riconoscere.



AGGIORNAMENTO
Il sito Lo Spazio Bianco ha pubblicato un gran bell'articolo che tocca alcuni dei temi di cui ho parlato in questo post. L'articolo sta QUI, buona lettura.

domenica 9 ottobre 2011

Da Shanghai con Furore




Compro tutto quello che scrive Gianfranco Manfredi, fosse anche l'oroscopo del lunedì. Non perché Manfredi sia l'Alan Moore italiano, come qualcuno (peraltro all'estero) lo ha definito, non perché il suo stile di scrittura sia vicino alle mie corde, anzi, personalmente prediligo un racconto forse diametralmente opposto al consueto modo di narrare di Manfredi, meno avventuroso e più intimista.
Leggo i suoi lavori semplicemente perché è bravissimo nel realizzarli.

Manfredi affronta le sceneggiature in maniera scientifica, in modo che tutto ritorni, eppur si avverte palesemente di come tutto ciò gli riesca in maniera naturale. Nei Bonelli specialmente, riesce a realizzare cose che probabilmente nessuno ha realizzato prima: dall'estrema violenza degli ultimi numeri di Magico Vento, alla storia tutta italiana di Volto Nascosto, passando per piccole chicche, minute sequenze nelle sue storie che sprigionano un'originalità che varca anche gli stessi confini bonelliani, come noto molto rigidi (almeno all'apparenza).

Prendete Ugo Pastore, il protagonista di Volto Nascosto e della nuova miniserie Shangai Devil: un personaggio decisamente sopra le righe, magari dai solidi valori molari, ma che non disdegna prostitute, alcool, ozio e quant'altro.

E le ambientazioni: ha realizzato il primo fumetto Bonelli che ha come tema centrale una storia tutta italiana (Volto Nascosto appunto, che narra delle guerre coloniali in Africa alla fine dell'800). Adesso parla del passato della Cina, ovvero i nuovi padroni del mondo. E lo fa attraverso una documentazione storica che farebbe invidia all'Einaudi, se non fosse che Manfredi, magicamente, riesce sempre e comunque a non essere pedante, a mettere in primo piano la narrazione, più che lo sfondo storico.

Pochi giorni fa ha dichiarato: "Mi intristisce vedere, in molti graphic novel, un certo ripiegamento intimistico su piccole storie, con scenari deprimenti e una malinconia devastante. Nei fumetti si possono affrontare argomenti e scenari grandiosi a basso costo. Per cui val la pena osare".
Credo che il suo modo di scrivere e di interpretare la narrativa si possa riassumere tutto in questo frase.

Manfredi è furbo, ragazzi. In un mondo in cui tutto è stato raccontato, e trovare storie nuove è impresa impossibile (dove per "storie" intendo proprio i "soggetti", tecnicamente parlando), Manfredi ha saccheggiato a piene mani un patrimonio che è li, alla portata di tutti, fresco e affascinante come una novella di Salgari al tramonto dell'800: è la Storia, quella con la esse maiuscola, ricca di personaggi, di avventura, di drammi, di epopee. Ricca di cose da raccontare, insomma, cose peraltro oscure a più. Come la Rivolta dei Boxer, ad esempio.

L'8 Ottobre è uscito il primo numero della sua nuova miniserie per la Sergio Bonelli Editore, Shanghai Devil, dal titolo "Il Trafficante d'Oppio", disegnato da Mastro Massimo Rotundo (non in una delle sue migliori prove, secondo me). E che ti devo dire, caro mio? Un numero perfetto, nulla più. Nessun capolavoro, nessun caposaldo della narrativa popolare e non di 'sta ceppa, i sensazionalismi li lascio ad altri. Semplicemente una bella storia, sceneggiata in maniera sublime, ricca di elementi sia narrativi che visivi, eppur nella lettura leggera come una piuma.
Oddio, forse io c'ho capito poco del discorso del maestro Ziwen sul traffico d'oppio, però vedo che Ugo l'ha capito (non si sa come), ma son quisquilie che rendono Manfredi almeno umano.

Ecco, se un giorno dovessi decidere di fare l'autore, di raccontare storie, credo che prenderei qualsiasi fumetto di Manfredi e lo studierei: perché alla fine, al di là delle cose narrate, sono degli autentici manuali di sceneggiatura.

Comunque: QUI trovate il minisito dedicato alla miniserie, QUI trovate la scheda del primo numero, e QUI la pagina facebook non ufficiale più curata (almeno sin'ora).
Shanghai Devil è interamente ambientato in Cina, durante la rivolta dei boxer (vai QUI per sapere cos'è se non lo sai). Inutile dire che questa miniserie può essere di grande aiuto per capire chi sono i cinesi, da dove deriva la loro attuale situazione socio-politica, e perché no? capire anche quante ne hanno passate prima di dare un sonoro calcio in culo all'America sul trono del mondo.

Non che quest'ultima cosa mi garbi, comunque. Io sono per gli ex-aequo.

venerdì 30 settembre 2011

mercoledì 28 settembre 2011

Post a Reti unificate: l'AmmazzaBlog



Tutto parte da QUI (credo).
Ecco cosa dice Bruno Saetta:

Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.

Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione?
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica


Il testo completo invece lo trovate QUI
Fate girare, forza. Possiamo fare poco, ma almeno facciamolo.

lunedì 26 settembre 2011

Un Uomo, un'Avventura: addio, Sergio



Oggi è un giorno molto triste per me.
Sergio Bonelli muore all’età di 79 anni, dopo una breve malattia di cui nessuno sapeva, nemmeno noi ultra appassionati e sempre informati lettori di fumetti del terzo millennio.

Ho ripreso a leggere fumetti all’età di 21 anni, e in questi anni credo di aver letto il nome "Sergio Bonelli" praticamente ogni giorno della mia vita: su un fumetto, su internet, su una rivista, in testa. Sergio Bonelli era per me un uomo importante, che mi ha permesso di sognare da bambino, e di farmi riflettere da grande, e che mi ha messo in condizione di non perdere, con la maturità, la capacità di sognare che solo i bambini un po' troppo cresciuti hanno.

La morte di Sergio Bonelli lascia un vuoto incolmabile nel mondo del fumetto mondiale, non solo italiano. La sua politica editoriale è stata messa continuamente sotto accusa nel corso di questi anni, specialmente da quando i lettori hanno avuto la possibilità di dire la loro sempre e comunque con l’avvento di Internet. Qualche tempo fa un personaggio come Luciano Secchi, alias Max Bunker, grande autore ma a quanto pare pessima persona, si scagliava contro Sergio Bonelli in un editoriale denso di veleno e invidia, dipingendo malamente un uomo che non ha mai meritato le critiche che ha ricevuto.

E ce ne renderemo conto adesso, con la sua morte, di quanto tutte quelle critiche fossero sbagliate. Il mondo del fumetto italiano è in agonia ormai da più di un decennio, eppure Sergio Bonelli era l’unico che riusciva a tenerlo a galla più che dignitosamente.
Adesso la fine del fumetto mi sembra più vicina. Adesso si che quella crisi tanto paventata dagli uomini del settore (compreso lui stesso) sembra pericolosamente reale.

Per cui, nel mio piccolo, ringrazierò ogni giorno Sergio Bonelli per quello che ha fatto. Lo ringrazierò ogni giorno, sperando di continuare a rivedere il suo nome su un fumetto, su internet, su una rivista, in testa, per tanto tempo ancora.

Addio Sergio.

E grazie di tutto.


Marco, un tuo affezionato lettore



giovedì 22 settembre 2011

Le Profezie di quel pazzo di Orwell




La notizia è questa: "Passpartout" di Philippe Daverio chiude. Un programma delizioso, che ho guardato spesso mentre mi ritrovavo a fare zapping, ricco di spunti ed enormemente interessante.
Dopo la chiusura di "Annozero" (che era nell'aria) e quella (a sorpresa) di "Parla con me", la Rai toglie un altro tassello che la rendevano una "società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo italiano" (da Wikipedia) accettabile. Ed è un tassello che a prima vista non sembrava assolutamente dover subire questa sorte, un tassello che non sembrava "pericoloso", se capite di cosa sto parlando.

Davvero non capisco (seguendo l'attuale logica del pensiero mai comprovato della censura in Rai), cosa mai potessero temere da un programma come "Passpartout", che la gente potesse acculturarsi, e quindi pensare con la propria testa? Se si segue questo punto di vista, stiamo vivendo nel 1984 di Orwell a tutti gli effetti.

Questo paese sta arrivando lentamente a non avere niente più per cui lottare, in barba ai rozzi e pseduo intelletuali sinistrofobici, che in nome della loro malattia di pensiero votano e/o votarono Berlusconi, in un rigurgito anticomunista più che mai anacronistico. Ridurre il tutto a destra o sinistra è la più colossale stronzata che possa pensare un italiano in tempi come questi. E se programmi come "Passpartout" vengono chiusi, vuol dire che il più grande luogo comune sulla sinistra (sinistra=cultura) è più che mai vero.
Con la cultura si ragiona, con la cultura non si diventa degli automi, con la cultura si può andare coscienziosamente al voto.

La Rai non può e non deve pensare esclusivamente ai dati d'ascolto. La Rai riceve sovvenzionamenti pubblici perchè ha il dovere in qualche modo anche di educare il popolo italiano, non solo di intrattenerlo con programmi commerciali (non abbiamo già Mediaset per questo?).

"Colpo grosso", sotto questo punto di vista, è stato profetico per la recente storia della destra italiana.

venerdì 16 settembre 2011

Il Mestiere dello Zombie




"The Walking Dead" è forse il fumetto più coinvolgente che io abbia mai letto. Son lontani i tempi delle battute di Groucho che non capivo, delle trombate in libertà di Nathan che non afferravo, ormai sono uomo di questo mondo, senza pensione e senza futuro, e molte cose (purtroppo) le capisco, molti concetti non mi sono più estranei.
Come il concetto della solitudine.
"The Walking Dead", del talentuoso Robert Kirkman (testi) e del meno talentuoso Charlie Adlard (disegni), è questo: solitudine tradotta a fumetti. Solitudine, disperazione, angoscia.
Durante la visione di un film del genere apocalittico (ce ne sono ben pochi in giro meritevoli di visione), una sottile angoscia pervade lo spettatore, è una paura ancestrale, quella di rimanere solo, di dover affrontare imprese che nessuno ti avrebbe mai chiesto di affrontare. Una sottile angoscia che anche il pessimo "Water World" di Kevin Costner riesce a trasmettere, segno che in questo caso forse è il genere a comandare, più che l'effettiva riuscita del film. Ci è riuscito ottimamente ad esempio Danny Boyle con "28 Giorni dopo", ci è riuscito Charlie Brooker con "Dead Set" (per rimanere in ambito zombesco). E ci è riuscito magicamente Kirkman col suo TWD, in un campo, quello del fumetto, non particolarmente incline al fenomeno zombie.

Cos'è in fin dei conti il topos horrificus dello zombie, se non l'incarnazione dellla solitudine, se non la materializzazione ancestrale delle nostre paure più recondite? Idiozia, cannibalismo, depravazione, morte. La Nostra morte.
Kirkman è stato furbo. In America TWD è una serie mensile di albetti da 22 pagine, e Bob ha capito semplicemente che in ogni albetto qualcosa doveva avvenire. Qualcosa di clamoroso, che cambiasse l'orizzonte fino ad quel punto ipotizzato (non costruito) dal lettore. Ma non esagera mai, sa benissimo quando allentare la presa, e quando sferrare il colpo decisivo.
Kirkman agisce per sottotesti, per suggerimenti. Rende il lettore partecipe del dramma, lo illude sadicamente che quella situazione possa evolversi in un qualcosa di più roseo per poi troncargli tutte le istintive e mai accettate speranze che il lettore si è costruito nell'arco della lettura.
Kirkman è in fin dei conti una puttana, in quanto guadagna illudendo i suoi clienti (i lettori).

"The Walking Dead" è la trasformazione dell'uomo in bestia, è una rilettura degli istinti umani rivisitata al terzo millennio, è fascismo ridotto alla sua deprecabile essenza, è tutto e contemporaneamente niente. Kirkman riesce a narrare dell'uomo e delle sue nobili e meno nobili qualità attraverso situazioni al limite del sopportabile, attraverso la privazione forzata delle più comuni condizioni di sopravvivenza. Riesce ad instaurare nel lettore l'amletico dubbio: è tutto giusto quello che abbiamo fatto sino ad adesso? E' tutto utile?

In Italia, "The Walking Dead" è pubblicato dalla SaldaPress del prode Andrea G. Ciccarelli, che al di là dell'ottima fattura dei volumi, purtroppo non riesce a dare alla collana una cadenza ben precisa (annuale, semestrale, quadrimestrale), nonostante nel frattempo sia nata una vera e propria collana contenitore dedicata agli zombie, che risponde al nome di Z come Zombie.
Ed è un peccato questa irregolarità.

Ma ammettiamolo: siam tutti disposti ad aspettare per le nostre puttane.




PS: non lasciatevi ingannare da quella schifezza di serie tv. "The Walking Dead" (il fumetto) è infinitamente meglio.

venerdì 9 settembre 2011

Stato Selvaggio Pt. II



Tempo fa scrissi un post per presentare il primo singolo di una band composta da dei miei amici. Ne tessevo le lodi, richiamavo il mio passato con loro e cose così. Poi non so perchè quel post sparì dal mio blog, con mia somma costernazione (mi girarono le palle in insomma).
Il post non l'ho salvato, ma il singolo in rete c'è eccome. Per cui, signore e signori, godetevi Orazio (chitarra), Riccardo (basso e voce) e Alessandro (batteria). Questa è "I can deny" e loro sono i Wild Stage.




PS: se mi sparisce pure questo manderò un pacco bomba alla SIAE e a Google.

martedì 19 luglio 2011

5 Novembre o 6 Luglio?



Curiosa questa vicenda di SpiderTruman. In primis perché, per adesso, questo SpiderTruman non ha detto niente di nuovo che altre inchieste giornalistiche (specialmente del Fatto Quotidiano) non abbiano già detto. Ma fa paura, a quanto pare. Secondo il PD questo precario è “l’anti politica” (dimostrando per l’ennesima volta di come stare zitti una volta tanto non possa che far bene).
Dal suo blog e dalla sua pagina facebook (arrivata in due giorni da 0 a 300.000 "mi piace") SpiderTruman ha lanciato un proclamo degno del celeberrimo V di Alan Moore, abbastanza roboante e cinematografico. Iniziando col voler smascherare la propria identità neanche fosse Batman in persona, ha continuato poi a costruirsi addosso visioni da agente infiltrato della CIA o del KGB che non gli competono. Un comportamento che Julian Assange (l’improprio elemento di paragone di questo Spider Truman) non si è mai neanche sognato di adottare (anche perché Assange ci mette faccia e capelli biondo platino).

Ma tralasciando i discutibili comportamenti da eroe senza macchia e paura (ma con la maschera) di SpiderTruman, la cosa strana è quello che sta scatenando. I mezzi di informazione si stanno concentrando esclusivamente sulla sua identità. Per adesso è solo la rete che se ne occupa, in tv son riuscito a beccare solo un servizio del Tg5 dedicato alla vicenda. Tutti si chiedono chi potrebbe mai essere questo SpiderTruman, nonostante il misterioso internauta abbia già chiarito di essere un precario della politica licenziato dopo 15 anni di lavoro. Che si chiami Tizio o Caio cambia forse qualcosa? La causa di tutto ciò non sarà forse molto nobile, ma assolutamente pura e umana. E’un comportamento di ripicca e di vendetta, a tratti quasi infantile, ma personalmente dinanzi a quel che dice (o che dovrebbe dire) cosa ci frega di come si chiami?
Si sta cercando di screditare il personaggio, invece che occuparsi (come in un paese normale) di smontare quello che sta dicendo. E infatti quest’ultima parte è abbastanza difficile da realizzare (anche se SpiderTruman è stato più magnanimo di quanto non sia stato lo stesso Fatto Quotidiano, o Repubblica saltuariamente). Accede al web tramite internet point, specificandolo chiaramente, per evitare di esser rintracciato. Cavolo, questo farebbe un baffo pure al Nixon del Water Gate!

Più i mesi (manco gli anni) vanno avanti, più la politica comincia a capire che deve aver una paura fottuta della rete, comincia a capire che l’informazione ormai non può essere più manipolata, castrata o falsificata, i Minzolini fra non molto non serviranno più a niente, se non a leccare culi. La Cina se n’è accorta da un bel po’, la Legge approvata il 6 Luglio qui in Italia potrebbe essere solo un piccolo antipasto dell’attacco della politica italiana alla rete. Ma gli internauti non sono mica fessi. L’Islanda è dietro l’angolo, lì i server sono liberi, e i sistemi di censura si possono aggirare.

Lo potranno mai fermare? SpiderTruman è l’inizio di qualcosa o la caricatura di qualcos’altro? Sparirà nell’anonimato che lui stesso usa per difendersi o affonderà il colpo?
Mi metterò col telecomando del web in mano, farò zapping da un blog ad un altro, son proprio curioso di vedere come la situazione si evolverà. Penso che anche SpiderTruman farà lo stesso.

Secondo me se la sta ridendo dalla grossa, in quell'internet point di una calda città italiana.

sabato 16 luglio 2011

Ozio


Già posto poco, poi con 'sto caldo e con il mare vicino prevedo che 'sto blog offrirà ben pochi post per questo periodo estivo. Ho solo voglia di mare, ozio, amici, birra, e leggere fumetti fino a scoppiare.
Buone vacanze, ci si legge quando ci si leggerà

giovedì 2 giugno 2011

Il Sogno nucleare




La notte del 26 Aprile 1986 il reattore n. 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose. Il regime sovietico impedì la diffusione della notizia per una settimana: solo quando in una centrale nucleare in Svezia si verificò un aumento delle radiazioni dal motivo apparentemente sconosciuto, e individuata la fonte in Ucraina, il governo russo dovette ammettere sotto pressione internazionale, ma con molta tranquillità, la notizia. Era l'epoca della Guerra Fredda, il muro di Berlino sarebbe caduto tre anni dopo. Il primo ministro russo Gorbaciov, eletto da circa un anno, cercò in tutti i modi di non sfigurare agli occhi del mondo: la gloriosa nazione comunista era più impegnata a raggiungere le stelle, in continua competizione con l'America di Ronald Reagan, piuttosto che proteggere i suoi cittadini dal pericolo nucleare.

Lo scoppio causò la morte istantanea di due persone che lavoravano nella centrale. Nel periodo immediatamente successivo morirono una trentina di vigili del fuoco accorsi sul posto per spegnere l'incendio radioattivo. Una stima, stilata nel 1996, comunicò che per la sciagura di Chernobyl morirono circa 8.000 persone (l'ONU ne ha riconosciute 4.000), oltre a far accrescere del 100% l'incidenza dei tumori alla tiroide nei bambini in quelle regioni. Altre stime molto più attuali parlano di 500.000 morti dovute alle radiazioni causate dallo scoppio del reattore n. 4. Secondo una proiezione statistica nei prossimi 70 anni sono previsti 10.000 casi di cancro in Russia e 25.000 in tutto il mondo.

Le cause dello scoppio di quella centrale sono ormai accertate: oltre a difetti strutturali ben noti alle autorità russe, intervenne anche il fattore umano: il vice-capo ingegnere Anatolij Djatlov insistette nell'eseguire un test sul reattore n. 4 per conseguire vantaggi politici all'interno del partito. Nonostante l'opposizione di tutti i tecnici presenti quella tragica notte, Anatolij Djatlov costrinse tutti nell'eseguire il test. E fu nube tossica, che arrivò a raggiungere anche il Nord America, con una potenza radioattiva enormemente superiore a quella della bomba che distrusse Hiroshima. Nonostante tutto ciò la centrale di Chernobyl rimase attiva con due reattori (il terzo venne "spento" per dei guasti tecnici) fino al 2000. La gente lì ci ha lavorato fino al 2000. E pochi sanno che il pericolo Chernobyl è ancora altissimo: il sarcofago, costruito a tempo di record per coprire il vulcano nucleare, sta cedendo. E' in progettazione la costruzione di un nuovo sarcofago, che dovrebbe risolvere il problema per sempre (sempre=poche centinaia di anni).
Ma mancano i fondi. Mancano i soldi.

Una centrale nucleare, realizzata a regola d'arte, e controllata da uomini immacolati e perfetti, ligi al dovere, non potrebbe comunque essere sicura al 100%: a Fukushima lo sanno bene. Sanno bene che i terremoti e gli tsunami non si possono prevedere. Anche la centrale nucleare di Fukushima presentava difetti di costruzione, è bene precisarlo. Era una centrale vecchia, costruita negli anni 70, senza rispettare le norme, per l'intento del governo giapponese di contenere i costi.

La presenza di centrali nucleari sul territorio nazionale, oltretutto, rende quel territorio un obbiettivo militare. In un possibile conflitto bellico, sabotare una centrale nucleare, o anche solo bombardarla, è un rischio troppo grande, specialmente se si tiene conto degli attentati terroristici di matrice islamica. Le Torri Gemelle, anche quelle, ne sanno qualcosa. Le centrali nucleari sono un arma a tutti gli effetti, pale eoliche e pannelli solari no.

Ci hanno detto che l'energia nucleare è un'energia pulita. Al giorno d'oggi non è ancora stato trovato un metodo per smaltire le scorie nucleari, se non quello di seppellirle sotto un sarcofago di cemento. Ci hanno detto che l'energia nucleare è per sempre. Ma non ci hanno detto che anche l'uranio, così come il petrolio, prima o poi finirà.

Ci hanno detto che non possiamo continuare ad importare energia, pagando il doppio di quanto la pagheremmo se la producessimo noi con le nostre centrali nucleari. Ci hanno detto che le energie rinnovabili sono una truffa colossale, su cui anche le mafie ci speculano. Ci hanno detto che abbiamo bisogno di tot energia. Nessuno ha detto che questo livello di tot energia può essere abbassato, e anche drasticamente. Ci hanno detto che la tecnologia nucleare si evolverà sempre più nei prossimi anni, raggiungendo la soglia di rischio zero, ma non ci hanno detto che anche la tecnologia delle energie rinnovabili si evolverà sempre più nel corso degli anni, e potrebbe anche raggiungere la produttività energetica nucleare, chissà. L'architettura, in primis, grazie allo studio di materiali specifici, è in grado oggi di abbassare dell'80% il consumo di una casa: cliccate QUI per capire di cosa sto parlando.
Persino la merda è un combustibile che può generare energia pulita.

Il sogno nucleare è fallito dal momento in cui la prima persona è morta a causa delle radiazioni di Chernobyl. Non si può dire alla gente che il nucleare è sicuro, che il nucleare è il futuro. Ogni cosa che porta vantaggi ha il suo prezzo, ma in questo caso il prezzo è troppo alto, è insostenibile. Dovremmo pagare l'energia il doppio di quanto la paghiamo, pur di evitare il nucleare in Italia. Sarebbe comunque un prezzo irrisorio rispetto al solo rischio che, prima o poi, qualche nostro familiare, o le generazioni future, possano subire i devastanti effetti del nucleare, possano essere vittime di cancro fulminante. A ben vedere tutto il discorso sul nucleare non ha una benché minima parvenza di senso: chi è il pazzo che per pagare meno una cosa, è disposto a correre il rischio di avvelenare tutto il suo mondo?

Ci hanno detto che il nucleare è il futuro.
Nessuno però ci ha specificato che in questo futuro la razza umana non è contemplata.


PS: al referendum votate come cazzo volete, o non andate a votare. L'importante è che sappiate che il vostro gesto avrà delle conseguenze sul vostro futuro, sui vostri figli. Con cui dovrete fare i conti prima o poi.

venerdì 8 aprile 2011

Di Guerra e altri meschini Delitti




In piena facoltà
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggerà.

La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedì

Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
più o meno come me

Io non ce l'ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che diserterò.

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papà
ormai son sotto terra
e a loro della guerra
non gliene fregherà.

Quand'ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore età.

Domani mi alzerò
e chiuderò la porta
sulla stagione morta
e mi incamminerò.

Vivrò di carità
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti griderò.

Di non partire più
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.

Per cui se servirà
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertirà.

E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.


("Il Disertore", Boris Vian, 1954)

venerdì 1 aprile 2011

Tutto il Sapere del Mondo



Non so di preciso cosa mi abbia colpito così tanto di Parigi. Forse la Gioconda che mi guarda con aria beffarda, forse la Tour Eiffel che si staglia gigantesca sull'orizzonte, illuminata come un albero di Natale, con un faro sulla sommità che, ammetto, assomiglia pericolosamente all'Occhio di Sauron. Forse mi è rimasta nell'animo la chiesa del Sacro Cuore a Montmartre, ai suoi piedi ragazzi che suonavano, che brekkavano, che facevano jam-sessions, che ballavano, o che semplicemente si gustavano una birra.

Forse mi ha colpito l'atmosfera, che si avverte, pur essendo invisibile. Forse mi ha colpito l'odiosa mercificazione dei quartieri tanto cari a Baudelaire e Rimbaud, forse mi ha colpito il grande orologio del Museo d'Orsay, forse mi hanno colpito i tunisini che vendevano i biglietti della metrò e le sigarette di contrabbando, mi ha colpito l'impossibilità di sedersi su un marciapiede e rimanere solo.

Mi ha colpito Père Lachaise, con le sue sculture funerarie a cielo aperto, le transenne che circondano la tomba di Jim Morrison, mi ha colpito Notre Dame e i suoi interminabili pilastri, mi hanno colpito i giardini del Louvre e il polveroso pezzo di piramide "trapiantato" in quel posto, mi hanno colpito le pinzette per le sopracciglia che usavano gli antichi, antichissimi egizi.

Potrei continuare per ore, e non ne avrei mai abbastanza. Un mondo nuovo, un ennesimo meltin-pot, ma stavolta non vivente come a Londra, ma fatto di personalità passate, di storia, di posti vissuti dagli immortali morti prima di me, di autentici pezzi del sapere. Visitare tutti i musei di Parigi, capirli, viverli, significa aver visto quasi tutto il Sapere del Mondo, perfettamente catalogato, esposto senza vergogna o esitazione.

E' la città degli artisti, è la città di chi si dirige in quel posto con sulle labbra un sogno, sussurrato, di rivoluzione interiore e di rivoluzione sociale, di pacato riscatto nei confronti dei propri stessi occhi, di conquista, un'America europea, che ti promette banalità o grandezza imperitura, ma rispetta gli impegni col sol fatto di esistere.

Parigi non mi ha colpito, in fin dei conti, mi ha letteralmente malmenato, stuprato, distrutto: le mie convinzioni si sono sfaldate, non esistono più, solo dubbi su cosa ho visto, su cosa ho vissuto, su cosa un posto fatto di banali ma magnificenti palazzi può offrirmi, un'offerta che hanno raccolto tantissimi grandi della piccola storia dell'umanità, eterno esempio per le generazioni passate, presenti e (speriamo) future.

Davvero non credevo, non pensavo, che al cospetto di tanta magnificenza, mi sarei potuto sentire così piccolo, eppure così di grande valore e potenzialità. Parigi ti entra nel sangue, nelle vene, ti dice che tu puoi fare qualsiasi cosa, ti rende onnipotente, anche solo per una frazione di secondo, ti seduce come la più mefistofelica delle puttane, ti promette orge oltre ogni comune senso del pudore, pericolosa come un killer, amorevole come una madre.

La mia pochezza, come pisciata nell'oceano, si dissolve, e assieme ad essa tutto il mio mondo, chi ho conosciuto, chi ho amato, chi ho odiato, amici, compagni, familiari, nemici: c'è altro sullo sfondo, infinitamente più grande ed importante. Ho annusato i Fiori del Male, ho vissuto i Paradisi Artificiali, ho visto la musica grazie a Kandisky, sullo sfondo dei cubi rotondi, grazie a Picasso. Non c'è limite né confine a tutto questo, se non i limiti che io voglio dare. Sta qui il grande dilemma, sta nell'esistenza autonoma dei confini del sapere il problema.

Non ci credevo. Era impossibile anche solo sognarlo.
Ma ci speravo. Adesso ho un crocicchio davanti a me.
E una festa di amici che mi attende.

venerdì 25 febbraio 2011

Nichi Vendola: Ritorno alle Origini?


Da qualche parte ho letto che se nelle prossime, possibili elezioni politiche andassero a votare esclusivamente gli under 25, il presidente della regione Puglia Nichi Vendola straccerebbe la concorrenza. PD, PdL, Lega, M5S, FLI e compagnia bella dovrebbero tutte arrendersi: Vendola è l’Obama voluto dai giovani, colui che potrà cambiare le sorti di una cultura italiana sempre più agonizzante.

Il suo essere omosessuale, il suo essere spesso e volentieri impulsivo nel dibattito (celebre un “vaffanculo” in diretta a Gasparri in una puntata di Ballarò), nonostante utilizzi un linguaggio talmente artefatto da risultare noioso e spesso incomprensibile, ma che, incredibilmente, poche volte puzza di falso, lo ha reso nel giro di poco tempo un'icona della Sinistra, e in generale, un'icona della gioventù.

Nichi Vendola ha saputo raccogliere quella vasta schiera di giovani che non riconoscendosi nell’apolitica rivoluzionaria di Beppe Grillo, in ogni caso chiede a grande voce un cambiamento. Per molti rappresenta l’unico uomo politico votabile: “Per fortuna che c’è Vendola, altrimenti non saprei proprio chi votare”, vi sentirete dire da molti. Anche le imitazioni di Checco Zalone hanno probabilmente giovato alla sua immagine.

Le politiche giovanili di Nichi Vendola fanno addirittura scuola in Europa: "Bollenti Spiriti", "La Fabbrica di Nichi", tutte strategie politiche ed economiche per sovvenzionare i giovani, per sovvenzionare soprattutto il loro spirito artistico, sulle onde del motto “Non chiediamoci cosa possiamo fare per i giovani, ma cosa i giovani possono fare per noi”.

Personalmente sono molto combattuto sulla figura di Vendola. Indagato per concussione nell’inchiesta sulla Sanità dalla Procura di Bari, ma prosciolto (si è difeso con termini che non vanno molto lontano dall'attuale monologo berlusconiano: "Nella lotta politica, continuo ad essere contrastato con mezzi impropri" ha detto, citando la magistratura pugliese), ha finanziato con 60 milioni una succursale del San Raffaele di Don Verzè a Bari (una università privata), in cambio (si dice) di voti per le regionali, ha realizzato (ma sarebbe meglio dire terminato) la costruzione di alcuni inceneritori, nonostante il partito si chiami "Sinistra Ecologia e Libertà", sotto il suo governo in Puglia ci sono state si delle politiche giovanili quasi rivoluzionarie, ma il bilancio della Puglia è in netta perdita, soprattutto per colpa dello stesso Sistema Sanitario pugliese grazie a cui Vendola è stato iscritto nel registro degli indagati.

Questi sono (più o meno) i fatti. Questo è (più o meno) il personaggio Nichi Vendola. Le fonti sono (più o meno) attendibili. La sua omosessualità è allo stesso tempo un’arma in più e un punto debole in vista delle politiche a cui, penso, si candiderà quasi sicuramente.

Una ennesima grande speranza o un ennesimo grande inganno? Io, e molti altri come me, non vogliamo contribuire all’instaurazione di un ennesima stagione politica capeggiata da uomini dubbi, che si rivelano quello che non avremmo mai immaginato fossero nel momento in cui li abbiamo votati. Come le nostre famiglie che, in buona fede, hanno votato Berlusconi nel '94, una scelta quasi obbligata dopo Tangentopoli, oggi potremmo trovarci a votare Vendola, e non vorrei che i nostri figli possano dire la stessa cosa. La cosa più grave credo sia il finanziamento all'università privata del San Raffaele, specialmente dopo le durissime contestazioni alla riforma Gelmini di cui Vendola si è reso in qualche modo portavoce. Combattere il finanziamento alle università private è stato il leit motiv di quelle proteste: Vendola lo ha fatto, è un fatto comprovato.

In questo continuo gioco di rimandi, la paura di affidare il potere a uomini che non lo meritano c’è sempre, anche se questa paura magari non è giustificata.

E sinceramente non so se la paura di votare Vendola sia giustificata o meno.

sabato 22 gennaio 2011

La mia Generazione




Sono venuti al mondo per osservare la disfatta delle classi sociali, per prendervi parte e costruire, mattone su mattone, la sconfitta del sogno voluto da quel Dio che ci comanda, ma che col tempo si è scoperto una Waterloo planetaria.

Sono nati già battezzati, battezzati nel sacro nome sella sconfitta inconsapevole, sono nati nella chimera di un sogno americano che più europeo non si può: è il sogno di una fenice costretta a fumarsi le proprie ceneri.

Sono quelli che dormono di giorno e vivono di notte, sono reietti della società produttiva, hanno possente cultura contemporanea, hanno aspirazioni artistiche mai soddisfatte e spesso represse dalla propria accidia, futuri Elvis nati a Ceglie Messapica, sono involucri di carne umana pulsante e sanguinante, fortemente emotivi, consapevolmente inutili ma bastardamente fieri del loro ruolo, vittime di un sistema che necessariamente dovranno ereditare, e inevitabilmente faranno fallire.

Sono quelli che sognano, ma in maniera silenziosa, le ali sono fasciate, a stento riescono a carpire le folate di vento, che dureranno purtroppo poco. La sconfitta li ha forgiati, la rabbia li ha scomunicati, l'autostima li ha sbeffeggiati, l'ironia li ha salvati, regalandogli una chimera, una parvenza di completezza.

Sono i nati negli anni 80. Sono il futuro del mondo.

giovedì 20 gennaio 2011

Il Moralismo dei Perdenti



L’Italia sta scivolando sempre più in una melma ripugnante e maleodorante, il cui puzzo difficilmente si toglierà a breve, durerà probabilmente decenni, come dura ancora adesso il puzzo di Tangentopoli. L’ennesima impresa del cavaliere sembra stia convincendo anche i più scettici della reale qualità di quest’uomo.

Insomma, Berlusconi va a puttane. Lo si sapeva già dal caso D’Addario.
Berlusconi consuma rapporti sessuali con minorenni. Lo si poteva prevedere già dal caso Noemi Letizia.
Berlusconi paga prostitute minorenni. Beh, la logica non è un’opinione. E’ la perfetta somma dei punti sopraelencati. 1 + 1 fa sempre 2.

Quindi come mai solo adesso c’è questo moto di sdegno? Addirittura anche il Vaticano sembra voltargli le spalle, alcuni convinti piddiellini sono pronti a fare retromarcia (e no, non parlo di Fini), rimanendo purtroppo per loro (e per noi) senza una valida alternativa politica (oltre il danno, la beffa, poracci.)

Tutti ricordiamo la triste vicenda di Sarah Scazzi, e la terribile e vergognosa gogna mediatica a cui è stato sottoposto il caso. Beh, adesso le puttane del cavaliere ne hanno preso il posto. Incredibile ma vero, anche i quotidiani storicamente favorevoli al cavaliere (e anche, e soprattutto, i quotidiani del cavaliere), non possono ignorare le continue fughe di notizie sulle centinaia di intercettazioni che arrivano giorno dopo giorno. Belpietro fa la faccina spaesata, Sallusti non sa più che pesci pigliare, Feltri sembra se la stia ridendo dalla grossa da dietro le quinte, in attesa che gli scada la sospensione dall’ordine dei giornalisti (da questa lista dobbiamo depennare per l’ennesima volta Minzolini: niente, proprio non ce la fa a fare informazione, il ragazzo di impegna, ma niente da fare).

Ma quanti, come me, che non hanno mai votato il cavaliere, che si sono sempre scagliati contro, adesso si vergognano del loro paese, dei loro politici, della figura davvero ridicola che l’Italia, e gli italiani, stanno facendo all’estero? Ma davvero saremo costretti a ricordare il 150esimo anniversario dell’Unità di Italia come “l’anno di Ruby”?
Beh, io non ci sto. Non ci sto che Berlusconi debba sparire dall’Italia per zoccole e orge. Non ci sto che chi si confeziona leggi ad personam, che chi considera Craxi come un grande personaggio dell’Italia del secolo scorso, che chi è imputato di casi ben più gravi che per prostituzione minorile (al di là del lato morale della cosa), che chi è colluso chiaramente con la mafia (ma seriamente credete che Spatuzza dica tutte puttanate, o che Dell’Utri sia stata poca cosa nell’economia di Cosa Nostra?), debba subire lo sdegno italiano per delle banali zoccole.

150esimo anniversario dell’Unità di Italia, forse sarà anche il primo anno senza Berlusconi. Mi chiedo con seria preoccupazione cosa ci aspetti nei 150 anni a venire.

Siamo italiani, sempre e comunque. Il falso moralismo sarà sempre una nostra peculiarità. E' il moralismo di chi perde senza neanche voler giocare la partita.