venerdì 30 settembre 2011

mercoledì 28 settembre 2011

Post a Reti unificate: l'AmmazzaBlog



Tutto parte da QUI (credo).
Ecco cosa dice Bruno Saetta:

Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.

Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione?
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica


Il testo completo invece lo trovate QUI
Fate girare, forza. Possiamo fare poco, ma almeno facciamolo.

lunedì 26 settembre 2011

Un Uomo, un'Avventura: addio, Sergio



Oggi è un giorno molto triste per me.
Sergio Bonelli muore all’età di 79 anni, dopo una breve malattia di cui nessuno sapeva, nemmeno noi ultra appassionati e sempre informati lettori di fumetti del terzo millennio.

Ho ripreso a leggere fumetti all’età di 21 anni, e in questi anni credo di aver letto il nome "Sergio Bonelli" praticamente ogni giorno della mia vita: su un fumetto, su internet, su una rivista, in testa. Sergio Bonelli era per me un uomo importante, che mi ha permesso di sognare da bambino, e di farmi riflettere da grande, e che mi ha messo in condizione di non perdere, con la maturità, la capacità di sognare che solo i bambini un po' troppo cresciuti hanno.

La morte di Sergio Bonelli lascia un vuoto incolmabile nel mondo del fumetto mondiale, non solo italiano. La sua politica editoriale è stata messa continuamente sotto accusa nel corso di questi anni, specialmente da quando i lettori hanno avuto la possibilità di dire la loro sempre e comunque con l’avvento di Internet. Qualche tempo fa un personaggio come Luciano Secchi, alias Max Bunker, grande autore ma a quanto pare pessima persona, si scagliava contro Sergio Bonelli in un editoriale denso di veleno e invidia, dipingendo malamente un uomo che non ha mai meritato le critiche che ha ricevuto.

E ce ne renderemo conto adesso, con la sua morte, di quanto tutte quelle critiche fossero sbagliate. Il mondo del fumetto italiano è in agonia ormai da più di un decennio, eppure Sergio Bonelli era l’unico che riusciva a tenerlo a galla più che dignitosamente.
Adesso la fine del fumetto mi sembra più vicina. Adesso si che quella crisi tanto paventata dagli uomini del settore (compreso lui stesso) sembra pericolosamente reale.

Per cui, nel mio piccolo, ringrazierò ogni giorno Sergio Bonelli per quello che ha fatto. Lo ringrazierò ogni giorno, sperando di continuare a rivedere il suo nome su un fumetto, su internet, su una rivista, in testa, per tanto tempo ancora.

Addio Sergio.

E grazie di tutto.


Marco, un tuo affezionato lettore



giovedì 22 settembre 2011

Le Profezie di quel pazzo di Orwell




La notizia è questa: "Passpartout" di Philippe Daverio chiude. Un programma delizioso, che ho guardato spesso mentre mi ritrovavo a fare zapping, ricco di spunti ed enormemente interessante.
Dopo la chiusura di "Annozero" (che era nell'aria) e quella (a sorpresa) di "Parla con me", la Rai toglie un altro tassello che la rendevano una "società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo italiano" (da Wikipedia) accettabile. Ed è un tassello che a prima vista non sembrava assolutamente dover subire questa sorte, un tassello che non sembrava "pericoloso", se capite di cosa sto parlando.

Davvero non capisco (seguendo l'attuale logica del pensiero mai comprovato della censura in Rai), cosa mai potessero temere da un programma come "Passpartout", che la gente potesse acculturarsi, e quindi pensare con la propria testa? Se si segue questo punto di vista, stiamo vivendo nel 1984 di Orwell a tutti gli effetti.

Questo paese sta arrivando lentamente a non avere niente più per cui lottare, in barba ai rozzi e pseduo intelletuali sinistrofobici, che in nome della loro malattia di pensiero votano e/o votarono Berlusconi, in un rigurgito anticomunista più che mai anacronistico. Ridurre il tutto a destra o sinistra è la più colossale stronzata che possa pensare un italiano in tempi come questi. E se programmi come "Passpartout" vengono chiusi, vuol dire che il più grande luogo comune sulla sinistra (sinistra=cultura) è più che mai vero.
Con la cultura si ragiona, con la cultura non si diventa degli automi, con la cultura si può andare coscienziosamente al voto.

La Rai non può e non deve pensare esclusivamente ai dati d'ascolto. La Rai riceve sovvenzionamenti pubblici perchè ha il dovere in qualche modo anche di educare il popolo italiano, non solo di intrattenerlo con programmi commerciali (non abbiamo già Mediaset per questo?).

"Colpo grosso", sotto questo punto di vista, è stato profetico per la recente storia della destra italiana.

venerdì 16 settembre 2011

Il Mestiere dello Zombie




"The Walking Dead" è forse il fumetto più coinvolgente che io abbia mai letto. Son lontani i tempi delle battute di Groucho che non capivo, delle trombate in libertà di Nathan che non afferravo, ormai sono uomo di questo mondo, senza pensione e senza futuro, e molte cose (purtroppo) le capisco, molti concetti non mi sono più estranei.
Come il concetto della solitudine.
"The Walking Dead", del talentuoso Robert Kirkman (testi) e del meno talentuoso Charlie Adlard (disegni), è questo: solitudine tradotta a fumetti. Solitudine, disperazione, angoscia.
Durante la visione di un film del genere apocalittico (ce ne sono ben pochi in giro meritevoli di visione), una sottile angoscia pervade lo spettatore, è una paura ancestrale, quella di rimanere solo, di dover affrontare imprese che nessuno ti avrebbe mai chiesto di affrontare. Una sottile angoscia che anche il pessimo "Water World" di Kevin Costner riesce a trasmettere, segno che in questo caso forse è il genere a comandare, più che l'effettiva riuscita del film. Ci è riuscito ottimamente ad esempio Danny Boyle con "28 Giorni dopo", ci è riuscito Charlie Brooker con "Dead Set" (per rimanere in ambito zombesco). E ci è riuscito magicamente Kirkman col suo TWD, in un campo, quello del fumetto, non particolarmente incline al fenomeno zombie.

Cos'è in fin dei conti il topos horrificus dello zombie, se non l'incarnazione dellla solitudine, se non la materializzazione ancestrale delle nostre paure più recondite? Idiozia, cannibalismo, depravazione, morte. La Nostra morte.
Kirkman è stato furbo. In America TWD è una serie mensile di albetti da 22 pagine, e Bob ha capito semplicemente che in ogni albetto qualcosa doveva avvenire. Qualcosa di clamoroso, che cambiasse l'orizzonte fino ad quel punto ipotizzato (non costruito) dal lettore. Ma non esagera mai, sa benissimo quando allentare la presa, e quando sferrare il colpo decisivo.
Kirkman agisce per sottotesti, per suggerimenti. Rende il lettore partecipe del dramma, lo illude sadicamente che quella situazione possa evolversi in un qualcosa di più roseo per poi troncargli tutte le istintive e mai accettate speranze che il lettore si è costruito nell'arco della lettura.
Kirkman è in fin dei conti una puttana, in quanto guadagna illudendo i suoi clienti (i lettori).

"The Walking Dead" è la trasformazione dell'uomo in bestia, è una rilettura degli istinti umani rivisitata al terzo millennio, è fascismo ridotto alla sua deprecabile essenza, è tutto e contemporaneamente niente. Kirkman riesce a narrare dell'uomo e delle sue nobili e meno nobili qualità attraverso situazioni al limite del sopportabile, attraverso la privazione forzata delle più comuni condizioni di sopravvivenza. Riesce ad instaurare nel lettore l'amletico dubbio: è tutto giusto quello che abbiamo fatto sino ad adesso? E' tutto utile?

In Italia, "The Walking Dead" è pubblicato dalla SaldaPress del prode Andrea G. Ciccarelli, che al di là dell'ottima fattura dei volumi, purtroppo non riesce a dare alla collana una cadenza ben precisa (annuale, semestrale, quadrimestrale), nonostante nel frattempo sia nata una vera e propria collana contenitore dedicata agli zombie, che risponde al nome di Z come Zombie.
Ed è un peccato questa irregolarità.

Ma ammettiamolo: siam tutti disposti ad aspettare per le nostre puttane.




PS: non lasciatevi ingannare da quella schifezza di serie tv. "The Walking Dead" (il fumetto) è infinitamente meglio.

venerdì 9 settembre 2011

Stato Selvaggio Pt. II



Tempo fa scrissi un post per presentare il primo singolo di una band composta da dei miei amici. Ne tessevo le lodi, richiamavo il mio passato con loro e cose così. Poi non so perchè quel post sparì dal mio blog, con mia somma costernazione (mi girarono le palle in insomma).
Il post non l'ho salvato, ma il singolo in rete c'è eccome. Per cui, signore e signori, godetevi Orazio (chitarra), Riccardo (basso e voce) e Alessandro (batteria). Questa è "I can deny" e loro sono i Wild Stage.




PS: se mi sparisce pure questo manderò un pacco bomba alla SIAE e a Google.