venerdì 16 settembre 2011

Il Mestiere dello Zombie




"The Walking Dead" è forse il fumetto più coinvolgente che io abbia mai letto. Son lontani i tempi delle battute di Groucho che non capivo, delle trombate in libertà di Nathan che non afferravo, ormai sono uomo di questo mondo, senza pensione e senza futuro, e molte cose (purtroppo) le capisco, molti concetti non mi sono più estranei.
Come il concetto della solitudine.
"The Walking Dead", del talentuoso Robert Kirkman (testi) e del meno talentuoso Charlie Adlard (disegni), è questo: solitudine tradotta a fumetti. Solitudine, disperazione, angoscia.
Durante la visione di un film del genere apocalittico (ce ne sono ben pochi in giro meritevoli di visione), una sottile angoscia pervade lo spettatore, è una paura ancestrale, quella di rimanere solo, di dover affrontare imprese che nessuno ti avrebbe mai chiesto di affrontare. Una sottile angoscia che anche il pessimo "Water World" di Kevin Costner riesce a trasmettere, segno che in questo caso forse è il genere a comandare, più che l'effettiva riuscita del film. Ci è riuscito ottimamente ad esempio Danny Boyle con "28 Giorni dopo", ci è riuscito Charlie Brooker con "Dead Set" (per rimanere in ambito zombesco). E ci è riuscito magicamente Kirkman col suo TWD, in un campo, quello del fumetto, non particolarmente incline al fenomeno zombie.

Cos'è in fin dei conti il topos horrificus dello zombie, se non l'incarnazione dellla solitudine, se non la materializzazione ancestrale delle nostre paure più recondite? Idiozia, cannibalismo, depravazione, morte. La Nostra morte.
Kirkman è stato furbo. In America TWD è una serie mensile di albetti da 22 pagine, e Bob ha capito semplicemente che in ogni albetto qualcosa doveva avvenire. Qualcosa di clamoroso, che cambiasse l'orizzonte fino ad quel punto ipotizzato (non costruito) dal lettore. Ma non esagera mai, sa benissimo quando allentare la presa, e quando sferrare il colpo decisivo.
Kirkman agisce per sottotesti, per suggerimenti. Rende il lettore partecipe del dramma, lo illude sadicamente che quella situazione possa evolversi in un qualcosa di più roseo per poi troncargli tutte le istintive e mai accettate speranze che il lettore si è costruito nell'arco della lettura.
Kirkman è in fin dei conti una puttana, in quanto guadagna illudendo i suoi clienti (i lettori).

"The Walking Dead" è la trasformazione dell'uomo in bestia, è una rilettura degli istinti umani rivisitata al terzo millennio, è fascismo ridotto alla sua deprecabile essenza, è tutto e contemporaneamente niente. Kirkman riesce a narrare dell'uomo e delle sue nobili e meno nobili qualità attraverso situazioni al limite del sopportabile, attraverso la privazione forzata delle più comuni condizioni di sopravvivenza. Riesce ad instaurare nel lettore l'amletico dubbio: è tutto giusto quello che abbiamo fatto sino ad adesso? E' tutto utile?

In Italia, "The Walking Dead" è pubblicato dalla SaldaPress del prode Andrea G. Ciccarelli, che al di là dell'ottima fattura dei volumi, purtroppo non riesce a dare alla collana una cadenza ben precisa (annuale, semestrale, quadrimestrale), nonostante nel frattempo sia nata una vera e propria collana contenitore dedicata agli zombie, che risponde al nome di Z come Zombie.
Ed è un peccato questa irregolarità.

Ma ammettiamolo: siam tutti disposti ad aspettare per le nostre puttane.




PS: non lasciatevi ingannare da quella schifezza di serie tv. "The Walking Dead" (il fumetto) è infinitamente meglio.

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